Associazione Scelta di Cura in memoria di Luigia Tortora e Tommaso Pistoia
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8 Marzo 2017: il Consiglio Comunale di Ravenna discute la petizione pro sperimentazione delle cure oncologiche e cardiovascolari con CRM197
L’8 Marzo, presso il Consiglio Comunale di Ravenna si è discussa la pezione pro sperimentazione delle cure oncologiche e cardiovascolari con CRM197. Nell’occasione sono stati resi noti gli sviluppi degli studi su CRM197 a livello mondiale.
Nel mondo si moltiplicano gli studi sulla molecola.
In Giappone, il team di Mekada ha recentemente pubblicato i risultati del trial di fase 1 su carcinoma ovarico avanzato (risultati già esposti a Ravenna nel 2011 ma pubblicati solo ora per potere seguire nel tempo le pazienti): oltre alla comprovata innocuità della molecola si evincono chiare evidenze di efficacia. Lo stesso team ha ultimato (con gli stessi risultati) un trial di fase 1-2 sul carcinoma gastrico ed ha recentemente intrapreso un ulteriore studio sul carcinoma mammario triplo negativo.
Lo stesso gruppo di Mekada è anche autore di interessanti lavori preclinici su CRM197: uno è proprio su linee cellulari di carcinoma mammario triplo negativo e avendo dato ottimi risultati ha fatto da apripista al trial clinico attualmente in corso; un altro, pubblicato l’anno scorso, è quello che dimostra l’efficacia del CRM197 su linee cellulari di neuroblastoma (tumore del sistema nervoso centrale che colpisce prevalentemente l’infanzia e per il quale non esistono cure efficaci); a questo proposito ricordiamo che in un articolo pubblicato da Silvio nel 2004 viene descritto il caso di un lattante con neuroblastoma trattato con CRM197 nel 2000 e a tutt’oggi in buona salute.
Altri studi sono stati pubblicati a gennaio 2017 da parte di un team di Taiwan a conferma del meccanismo d’azione immunologico di CRM197 su HB-EGF.
Ulteriori studi clinici su CRM197 in oncologia si trovano digitando CRM197 cancer sul ClinicalTrials.gov. Si tratta del principale registro internazionale in cui debbono essere iscritte le sperimentazioni cliniche che vogliano avere il requisito della massima trasparenza e ripetibilità. Risultano in corso sperimentazioni sul mieloma multiplo e su vari tumori gastrointestinali che coinvolgono i seguenti Paesi: Ohio, Texas, Florida, Taiwan, Hong Kong e Thailandia.
Di seguito alcuni link:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28253574
[Reverse of the resistance to paclitaxel of the heparin binding-epidermal growth factor-like growth factor inhibitor in ovarian cancer]
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28143428
BK-UM in patients with recurrent ovarian cancer or peritoneal cancer: a first-in-human phase-I study
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28092674
A targetable HB-EGF-CITED4 axis controls oncogenesis in lung cancer
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27354636
Anti-tumor Effect of Intravenous Administration of CRM197 for Triple-negative Breast Cancer Therapy
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26168483
Validity of HB-EGF as Target for Human Neuroblastoma Therapy
Gli studiosi giapponesi hanno richiesto il brevetto per l’uso di CRM197 in moltissime forme tumorali.
Nella documentazione che esibiscono per favorire l’ottenimento dei brevetti le pubblicazioni di Silvio Buzzi sono la maggior parte.
Articolo di Giovanni Zaccherini sul Wall Street International del 5 Settembre 2014
In Giappone tre università, col sostegno governativo, la stanno sperimentando dal 2008 con risultati incoraggianti, ma tutto è cominciato cinquant’anni fa in una piccola clinica della provincia romagnola: si tratta del CRM 197, una molecola che risulta efficace nella terapia antitumorale e nel trattamento della placca aterosclerotica. Il CRM197 è stato realizzato in Giappone dal prof. Uchida, ma è stato il medico ravennate Silvio Buzzi, in precedenza, a intuirne e sperimentarne, sugli animali e sull’uomo, le ignorate proprietà.
Il meccanismo per cui il CRM 197 esercita un effetto antitumorale è essenzialmente immunologico: la molecola, infatti, si lega ad un recettore spesso molto fitto sulle cellule tumorali (ma anche sulla placca aterosclerotica) e scatena così l’attivazione dei vari componenti del sistema immunitario, con un’azione distruttiva che finisce per colpire, oltre al bersaglio primitivo, anche il tessuto su cui questo si trova, che sia cellula tumorale o placca aterosclerotica.
Il dott. Silvio Buzzi, scomparso nel 2009, ha praticamente speso tutta la sua vita, le sue competenze e i suoi mezzi, potendo contare solo su laboratori occasionali da lui stesso allestiti e diretti, per offrire alla scienza medica e ai pazienti un farmaco completamente innovativo e di costi irrisori (e forse proprio per questo evitato dall’industria farmaceutica); purtroppo, le resistenze degli ambienti accademici e clinici italiani gli hanno impedito qualsiasi avallo istituzionale, nonostante alcune tra le più prestigiose riviste internazionali di medicina come Cancer Research, The Lancet, Cancer Immunology Immunotherapy, abbiano pubblicato le sue ricerche e sia stato nominato membro onorario della New York Academy of Sciences e dell’American Association for Cancer Research.
Per conservare, utilizzare e diffondere i dati raccolti in quasi quarant’anni di studi, per proseguire la ricerca, sia in campo oncologico, sia cardiovascolare e per ufficializzare la terapia con il CRM 197 attraverso trials clinici seri e monitorati, come sta avvenendo in Giappone e, infine, per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti dei reali problemi della ricerca scientifica, è stata creata la Fondazione Silvio Buzzi, i cui primi promotori sono stati i figli del medico ravennate, che ne stanno portando avanti il progetto scientifico e terapeutico.
La travagliata e allo stesso tempo esaltante storia di questa scoperta è stata poi raccontata, come in un avvincente romanzo d’avventura, dal Buzzi stesso in Il talco sotto la lampada – storia di un medico & della tossina che combatte i tumori. Nella prefazione Luigi Bazzoli, che ha diretto per tre lustri l’inserto Medicina e Salute del Corriere della Sera, così presenta il libro: “Il talco sotto la lampada dovrebbe entrare di diritto nei testi di insegnamento universitario e tutti i giovani laureandi dovrebbero prenderlo come modello teorico e pratico di quella difficile, ma esaltante avventura dello spirito che spinge l’uomo a cercare una verità. E’ anche un libro di formazione, di quelli che insegnano la difficile arte di stare al mondo …”.
Tutto cominciò in una clinica privata ravennate, dove Buzzi, come aiuto chirurgo, colpito dal temporaneo miglioramento di alcuni pazienti oncologici sottoposti a un semplice intervento esplorativo, ne cercò la spiegazione. Durante uno di questi, il chirurgo aveva fatto volare il talco dei guanti di gomma che stava indossando sotto la lampada operatoria; queste particelle avrebbero potuto cadere nel campo operatorio veicolando germi di varia natura, ma il riscontro positivo precedentemente costatato, fece balenare al medico l’intuizione che i germi invasori potessero nuocere invece al tumore dei pazienti operati, più che alle parti sane dell’organismo.
Restava però da scoprire la natura degli eventuali germi benefici e poco più tardi, dopo aver affrontato un caso di difterite, ci si rese conto di quanto violenta potesse essere l’azione della tossina difterica e Silvio Buzzi si chiese se non fosse proprio un veleno così potente a causare un danno importante anche ad una massa tumorale. Furono poi gli studi successivi, prima in vitro, poi in vivo, a dimostrare la fondatezza di quell’intuizione. Da qui iniziò la battaglia per trovare appoggi a livello accademico e istituzionale, Buzzi bussò alla porta di organizzazioni politiche, sindacali, religiose, ma invano. Un muro di gomma lo respinse totalmente e nonostante i riconoscimenti internazionali conseguiti, non gli rimase che fare tutto da solo: “Disponevo di un piccolo laboratorio privato, di tossina da convertire in vaccino, di familiari in grado di darmi una mano, i due figli maggiori erano medici; la figlia minore e la moglie esperte di matematica per l’elaborazione statistica. Cosa potevo desiderare di più? Ero libero e avevo in testa un progetto …”.
Purtroppo, ancora una volta la maledizione del “muro di gomma” lo costrinse a desistere: per anni e anni non aveva avuto una vita privata, tutto compreso nella sua straordinaria scoperta e assillato da tanti pazienti che chiedevano disperatamente aiuto e nell’impossibilità di avere il vaccino per tutti. In più, l’indifferenza e l’ostracismo di istituzioni e media: “Avrei dovuto agganciarmi a un ambiente universitario con dedizione… mi avrebbe giovato curare di più la vita sociale, i rapporti importanti. Per contro mi ero dato a un isolamento noncurante e orgoglioso. Anche i partiti politici sarebbero stati una ruota da ungere e utilizzare. In Italia, quando ero un giovane medico, la politica aveva chiavi per tutte le porte… però avevo sempre respinto anche il solo pensiero con ripugnanza. I giornali, usati correttamente, potevano fungere da portavoce… ma la stampa l’avevo volutamente ignorata per non suscitare lusinghe nella povera gente… ”.
Sfiduciato ormai nella possibilità di poter avviare una sperimentazione istituzionalizzata, Silvio Buzzi volle allora ripercorrere la lunga storia della sua ricerca in un libro-pamphlet, Storia di una ricerca privata, del 1996, poi riedito e aggiornato per le edizioni Ares col titolo di Il talco sotto la lampada. Ma, improvvisamente, nel 2005, ecco una e-mail dal Giappone, dove uno degli allievi del promotore della CRM197 nel paese asiatico, il dott. Esuke Makeda, proponeva di unire le due ricerche, facendo particolare tesoro dell’esperienza positiva del farmaco sugli uomini, che fino a quel momento solo il medico romagnolo aveva sperimentato.
“Con una svolta improvvisa, qualcuno ci schiudeva la porta, ma, nel contempo, in qualche modo, ci diseredava. Capivamo di aver finalmente concluso la prima, estenuante frazione di una staffetta e che il testimone stava passando in ottime mani. Ma, se da un lato ci rallegrava l’aver sudato per una buona ragione, dall’altro ci affliggeva che la noncuranza del nostro paese ci costringesse a consegnare l’idea a stranieri che avevano sudato assai meno di noi ma, in compenso, disponevano a piacimento dei mezzi per svilupparla compiutamente… ”.
In calce al sito della Fondazione Buzzi troviamo questo appassionato appello, rivolto a tutti quelli che credono in una ricerca rigorosa e “pulita”: “Se credi che non tutti i possibili itinerari della scienza siano già stati tracciati, se credi che la ricerca debba essere libera da pregiudizi e non monopolio delle multinazionali del farmaco, se credi che ogni persona sia libera di scegliere il proprio percorso di cura, hai tutto il diritto di indignarti per le cose che vedi, ma hai anche l’obbligo di trovare il coraggio di cambiarle”.
Articolo del Resto del Carlino del 15 novembre 2011
Dopo il Convegno della Fondazione del 24 Settembre, Il Resto del Carlino intervista Anna Maria, Silvia e Giorgio Buzzi sulla sperimentazione giapponese, sulle sue modalità e sui suoi promettenti risultati.
fanpage.it intervista Anna, Silvia e Giorgio Buzzi
[…] è il dottor Silvio Buzzi, scomparso nel 2009, che aveva fatto nascere grandi speranze con la sua scoperta del ruolo antitumorale del CRM197, un mutante innocuo della tossina che provoca la difterite. Dopo diversi studi pubblicati sulle più prestigiose riviste internazionali, era calato il silenzio. In Italia, un trial clinico non è mai partito. Ora, la Fondazione Silvio Buzzi, nata per proseguire la lotta del neurologo che si riscoprì oncologo “per caso”, sta monitorando un trial clinico che, dopo una prima fase conclusa con successo, entrerà nel vivo nel 2012 in Giappone. Sull’argomento abbiamo intervistato i responsabili della Fondazione, la moglie e i figli del medico ravennate: Anna, Silvia e Giorgio Buzzi.
Potete spiegarci in sintesi in cosa consiste la scoperta del dott. Silvio Buzzi e in cosa differisce dalle attuali terapie antitumorali?
La scoperta del dott. Silvio Buzzi e gli studi che ne rappresentano l’applicazione rappresentano un caso molto atipico nella medicina moderna: pur essendosi svolti infatti a proprie spese e con mezzi modestissimi sono stati pubblicati dalle più autorevoli riviste mediche internazionali come Cancer Research, The Lancet ( la “Bibbia” del mondo medico), Cancer Immunology Immunotherapy, Therapy: sono riviste che accolgono quasi esclusivamente lavori multicentrici, frutto di collaborazioni tra grandi strutture e che si vantano di pubblicare a malapena il 10% dei lavori che ricevono.
La Tossina Difterica è un potente veleno prodotto in certe condizioni dal Corynebacterium Diphtheriae. La molecola è formata da due componenti: sub unità A (che blocca la sintesi delle proteine nei mammiferi, ed è quindi responsabile della tossicità) e sub unità B (che consente l’aggancio della molecola alla cellula attaccata, ed è responsabile della risposta che il sistema immunitario dà a questa “aggressione”).
Silvio Buzzi ha intuito e dimostrato il possibile ruolo antitumorale della Tossina Difterica. In un secondo momento, è stato in grado di individuare nella sola componente B – non tossica – della molecola la sede di questa potenzialità antitumorale, che risulta dunque del tutto svincolata da ogni tossicità.
Nei suoi studi ha quindi utilizzato tossina detossificata con l’ebollizione (il calore inattiva la componente tossica, mentre lascia intatta quella immunostimolante), successivamente sostituita da CRM197 (un mutante atossico della Tossina Difterica).
E’ interessante che il CRM197 e la Tossina Difterica hanno un loro recettore naturale presente sulla maggior parte delle cellule umane, ma molto più concentrato sulle cellule tumorali. La successione di eventi immunologici che seguono l’aggancio della molecola al suo recettore sarà quindi molto specifica nei confronti delle cellule tumorali, senza danno per quelle sane.
Le differenze rispetto alle attuali terapie antitumorali sono 2:
- Si tratta di una terapia immunologica, che induce l’organismo a reagire al tumore sfruttando armi proprie; non si fa ricorso a molecole che aggrediscono la massa (e, inevitabilmente, tutti i tessuti più vitali) con un meccanismo squisitamente distruttivo;
- Si tratta di una terapia molto poco artificiosa, perché il contatto CRM197-cellula tumorale non richiede trasportatori (carriers) o procedure macchinose, dato che la molecola ha per natura un tropismo particolare per le cellule tumorali, legato alla loro ricchezza del recettore specifico destinato ad agganciarla.
Silvio Buzzi non era un oncologo, ma un neurologo e psichiatra che fece le sue ricerche in totale autonomia. Nel suo libro Il talco sotto la lampada domandava provocatoriamente: “La comunità scientifica, che si dichiara sensibile al miglioramento della vita dell’uomo, che cura la rapida diffusione dell’informazione nel mondo, che si dice libera dai pregiudizi, avrà orecchi per intendere una flebile voce che chiama fuori dal coro?”. Sono stati i pregiudizi a ostacolare le ricerche del dottor Buzzi?
Sicuramente in parte sì. Se da una parte è comprensibile lo scetticismo nei confronti di un’idea nata in ambito non istituzionale (la ricerca scientifica richiede il massimo rigore e la massima sicurezza, requisiti più facili per una grande struttura), quando lo scetticismo è tale da negare ad un ricercatore indipendente la possibilità che le sue idee vengano non accolte, ma messe alla prova, diventa pregiudizio. Recentemente il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci, in apertura dei lavori di una conferenza sugli sviluppi delle ricerche di Silvio Buzzi sul CRM197, si è espresso così: “Il pregiudizio è figlio dell’ignoranza, e l’ignoranza è scelta di comodo; il giudizio è figlio della conoscenza, e la conoscenza è faticosa”.
Perché in Italia non si è mai avviata una sperimentazione del CRM197 seguendo le indicazioni di Buzzi?
L’unica sperimentazione avviata in Italia con CRM197, come molti sanno, è partita all’Ospedale di Empoli nel 2007 sotto la guida del dottor Gianmaria Fiorentini; non è stata fatta seguendo le indicazioni di Buzzi, né per dosi, né per tempistica, né per scelta dei pazienti. Si ignorano le ragioni per quali non è stato seguito il protocollo del dottor Buzzi, di cui peraltro il dottor Fiorentini era stato fornito.
In Giappone la sperimentazione è iniziata nel 2008. Vorrei ricordare che il trial giapponese è sostenuto da 3 delle principali Università giapponesi e dal Governo, ed ha ottenuto l’approvazione solo dopo che Silvio Buzzi, convocato dal professor Eisuke Mekada, ha esposto i suoi studi ed i risultati dei suoi trials davanti alla commissione di esperti della PMDA, massima autorità nipponica nel campo della ricerca medica e farmacologica. La sperimentazione è giunta al termine della fase 1, quella che ha come obiettivo quello di accertare la sicurezza della molecola. L’obiettivo è stato pienamente raggiunto ed è stata pertanto data già autorizzazione alla fase 2, quella che deve dimostrare l’efficacia, che partirà nel 2012. Anche se non cercati, già nella fase 1 si sono comunque avuti alcuni indizi di efficacia (in termini di riduzione della massa tumorale, di calo del marker tumorale specifico e di miglioramenti di segni clinici, quali ad es. ascite e astenia).
La cura del dott. Buzzi è un vaccino, non un chemioterapico. Qual è il parere della Fondazione Buzzi sull’efficacia della radio e chemioterapia nel prolungamento dell’aspettativa di vita dei malati di tumore?
Silvio Buzzi ha sempre sottolineato che la sua non è “la cura”, ma un possibile contributo alla lotta contro i tumori. I dati dei suoi trials, pubblicati sulle massime riviste internazionali in materia, mostrano comunque una percentuale di risposte (tra complete e parziali) di poco inferiore al 50%.
Sull’ allungamento dell’aspettativa di vita legato alle terapie convenzionali esistono precise statistiche. Quello che ci sentiamo di rimarcare è la differenza nella qualità della vita consentita dai due trattamenti: il CRM197, data proprio la sua elevata specificità per le cellule malate, è quasi privo di effetti collaterali.
La ricerca scientifica, dagli inizi del Novecento a oggi, è diventata sempre più complessa: per conquistare le nuove frontiere della scienza sono oggi necessari milioni di euro di investimenti, grandi laboratori e un personale numeroso. C’è ancora spazio per quella che Buzzi definì “una ricerca scientifica fatta in casa e finanziata di tasca propria”?
No, non c’è più spazio per quel tipo di ricerca ed è forse giusto che oggi sia così, affinchè anche gli studi medici siano conformi agli elevati standard di accuratezza rigore e sicurezza a cui si ispira il progresso in ogni ambito della scienza e della tecnologia.
Quello che però deve essere ancora consentito anche “in casa” e senza appoggi è la possibilità di avere un’idea, altrimenti corriamo il rischio di sperimentazioni inattaccabili da un punto di vista formale, ma non sostenute da un’idea innovativa.
Tornano alla memoria le parole di Iohn Wu, su The Lancet (vol. 366, 2005): “Se il primo obiettivo della ricerca deve essere il più assoluto rigore procedurale, dove andranno a finire le idee nuove?”
(Fonte: fanpage.it)
Servizio di ravennawebtv.it sul convegno della Fondazione Silvio Buzzi del 24 settembre.
24/09/2011 – Quella del Dott. Silvio Buzzi è una storia tristemente italica. Il nome di Buzzi era legato al Crm197, un derivato della tossina difterica in grado, secondo le sue analisi, di bloccare l’avanzata di determinati tipi di tumore, e in alcuni casi di farli scomparire. Le ricerche del ravennate, iniziate oltre trent’anni fa lontano dai tradizionali circuiti accademici, erano state pubblicate su riviste scientifiche internazionali come “The Lancet”, “Cancer Research”, “Cancer Immunology Immunotherapy e Therapy”, “American Association for Cancer Research”. Chi lo ha conosciuto lo descrive un gentiluomo d’altri tempi, il Dott. Buzzi. La sua scoperta risale al 1970, e prima di diventare una celebrità italiana, sulla scia però delle scoperte del Prof. Di Bella, lo era dovuto diventare all’estero, come in Giappone, dove lo veneravano. Molta gente è riuscita a guarire grazie alla sua scoperta e questo anche in Italia, fino a che improvvisamente qualcuno ha stoppato i test, si perché il nostro paese è sempre molto ingeneroso con chi merita onori…e viceversa…Lui non aveva minimamente battuto ciglio, rifiutandosi persino di brevettare la molecola che aveva scoperto, rinunciando a una montagna di soldi. La famiglia Buzzi ha dato vita alla Fondazione Silvio Buzzi che oggi, con enorme successo, donando speranza a milioni di malati, continua le proprie ricerche in Giappone, con sperimentazioni e studi all’avanguardia.
Quella tossina multiuso
Il settimanale Oggi ha intervistato la Dottoressa Anna Buzzi sul CRM197 e le sue possibili applicazioni in campo oncologico e cardiovascolare.
La Dottoressa ha fatto il punto sullo stadio attuale della ricerca per l’uso del CRM197 come anti tumorale, ricordando come permanga in Italia il consueto disinteresse verso questa terapia a seguito della mai cominciata e mal gestita sperimentazione di Empoli.
Per fortuna, ha aggiunto la figlia del Dottor Buzzi, prosegue, e con risultati sempre più incoraggianti, la sperimentazione giapponese: occorre però tenere sempre presente che il CRM197 non è un chemioterapico, ma un vaccino, da applicare quindi come immunoterapia.
Notevole interesse stanno suscitando anche le ricerche in campo cardiovascolare che stanno rivelando come il CRM197 possa essere un vero e proprio “killer dell’aterosclerosi”.
Cliccando sul link sottostante è possibile scaricare l’articolo pubblicato da “Oggi”.
Bazzoni: “La Regione si adoperi per portare in Emilia Romagna la cura Buzzi”
Il dottor Buzzi, le sue ricerche, il suo contributo alla lotta contro il cancro: che cosa farà la Regione perché non si perda un tale patrimonio? La risposta la chiede con un’interrogazione alla giunta di viale Aldo Moro il consigliere regionale del Pdl Gianguido Bazzoni.
Nell’interrogazione Bazzoni ricorda che “il dottor Silvio Buzzi è stato un neuropsichiatria molto noto a Ravenna, che per 40 anni si è dedicato a condurre a proprie spese e senza alcun tornaconto personale ricerche oncologiche.
Da un’intuizione casuale, agli inizi degli anni ’60, il dottor Buzzi ha iniziato a studiare il potenziale antineoplastico di una sostanza naturale, la Tossina difterica, sostituita in anni recenti da una versione del tutto priva di tossicità, il CRM197. La molecola, testata su centinaia di pazienti oncologici, per la maggior parte in stadio avanzato, si è dimostrata estremamente tollerabile e utile, con un’alta percentuale di risposte parziali e di risposte complete”.
“Recentemente – spiega il consigliere regionale – è emerso un secondo ed altrettanto importante possibile impiego di questa sostanza che è risultata molto utile nel trattamento della placca aterosclerotica, condizione che è alla base dell’infarto miocardico e dell’ictus”.
“Eppure, nonostante varie pubblicazioni su riviste prestigiose tra le quali Cancer Research (1973-74-82), Lancet (1974), Cancer Immunology Immunotherapy (2004), Therapy (2004-2007), i risultati ottenuti dal dottor Buzzi non sono stati presi seriamente in considerazione, né finché lui era in vita né successivamente. Nel 2007 un gruppo di scienziati giapponesi, dell’università di Osaka e di Fukoka, formato da medici, biologi e farmacologi e guidato dal professor Eisuke Mekada, riconosciuto come la massima autorità mondiale in campo di CRM197, è venuto in Italia per incontrare il dottor Buzzi; dal 2008 infatti in Giappone è in atto una sperimentazione con applicazione del CRM197 sul carcinoma ovarico, con risultati molto promettenti, alcuni dei quali già pubblicati”.
Bazzoni ripercorre poi le tappe della ricerca Buzzi in Italia dove “l’unico tentativo di sperimentazione è stato avviato nel 2007 all’ocarcinoma ovaricoi: di essa non si hanno notizie e sembra, da testimonianze raccolte dai pazienti dai familiari del dottor Buzzi, sia che questa sia andata avanti seguendo un protocollo differente da quello previsto o, peggio ancora, sia stata gestita in maniera improvvisata.
Nonostante questo – prosegue il consigliere – i familiari del dottor Buzzi hanno avviato, pur tra mille difficoltà, le procedure presso l’Istituto Superiore di Sanità per chiedere che sia valutato un protocollo che prevede la sperimentazione clinica del CRM197 su pazienti portatori di placca aterosclerotica, ora si è in attesa della disponibilità formale a concedere la sostanza da parte di Novartis, azienda farmaceutica che già lo produce per i vaccini”.
Con l’interrogazione il consigliere chiede alla giunta “come intenda interessarsi circa l’esito della sperimentazione avviata ad Empoli, quali risultati essa abbia dato, come sia stata seguita, se sia stata realizzata nel rispetto del relativo protocollo e se l’ospedale di Empoli sia ancora in possesso di dosi del CRM197.
Si chiede altresì se non ritenga che, essendo il dottor Buzzi cittadino ravennate e date le eccellenze che in tema di oncologia si vogliono sviluppare in Emilia Romagna, non sia opportuno che la Regione si adoperi per riportare nel nostro territorio una ricerca che ha già dimostrato di dare risultati promettenti, tanto che in Giappone è tuttora in corso la sperimentazione già avviata da due anni, dando così agli studi del dottor Buzzi il giusto riconoscimento, sia nella nostra regione che in Italia”.
(Fonte ravennanotizie.it)
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